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Rivista Letteraria - Literary Review |
Antonella Di Giovanni - "BLOOD OF EDEN" PETER GABRIEL DA "US"
Nel viaggio i rumori di silenzi che incontro, mi stimolano alle parole, al movimento delle parole; ma questa volta il movimento più veloce è quello del sangue che vuole sfuggire all'oscurità, alla caduta, al continuo ragionare della mente.
È il richiamo dell'Eden, il richiamo della nostra origine pura; è il richiamo di un coro umano che fa da eco al desiderio umano dell'unione, della perfezione.
Il violino, il basso, la chitarra, fanno da sottofondo all'uomo, all'essere umano, alle sue riflessioni di essere vivente rinchiuso tra le finestre serrate della propria mente, in cui riesce a scorgere soltanto l'oscurità del proprio cuore.
I tamburi segnano il battere di questo cuore che cerca di emergere dalle macerie della propria distruzione, di svegliarsi dal proprio silenzio, di snodare tutte le corde che lo imprigionano alla propria solitudine.
È il cammino di ognuno di noi verso la luce, è la voce di Peter Gabriel che morbidamente libera i propri pensieri, canta i propri sentimenti, che nel suono che sale, cerca di innalzare la sua poesia alle anime libere del cielo, verso quel luogo dove "giacciono le donne e gli uomini, dove la donna è nell'uomo, e l'uomo nella donna"; quel luogo dove l'unione è realizzata, dove il desiderio dell'origine è realtà: "in the blood of Eden".
È la limpidezza della voce di Sinead O' Connor che accompagna il richiamo all'unione di Peter Gabriel ed è la loro voce unita che accompagna i miei pensieri in questo viaggio in cui la mente si libera, in cui la mente ricerca l'unione e la ritrova nel sangue dell'Eden. È un cammino di parole che si ripetono e si susseguono in continuazione, che danno valore al bisogno naturale dell'amore, e al nostro viaggiare verso di esso; è la preghiera che riposa nel cuore di ognuno di noi, e che Peter Gabriel risveglia con la musica.
Ogni stretta, ogni nodo, si è ormai sciolto, ma la distanza tra noi umani è così ampia nei nostri cuori ancora addormentati, che neanche noi riusciamo più a vedere l'amore, la fede, che ognuno di noi ha in sè: e pensare che basterebbe un abbraccio, tenero, anche solo per un momento, per poter andare via, per scivolare dal sangue all'unione, dalla guerra all'amore, alla pacifica comunicazione delle anime.
Ma nella poesia di Peter Gabriel, nella sua musica, l'abbraccio si realizza e si concretizza con i passi sonori della chitarra a dodici corde, che con tutti i suoi suoni ricorda tutte le paure che si dileguano in quell'unico momento, in quell'unico abbraccio, in quella sensazione di beatitudine che esplode con la voce del cantante che s'incontra con il suono del violino; ed il cuore riprende a battere più forte di prima, dopo aver taciuto, dopo aver ricordato il suo sonno e capito che era durato ormai da troppo tempo, forse dall'inizio del tempo stesso.
E nel viaggio si realizza la libertà, mentre ancora si odono gli echi di quelle anime povere che ancora corrono dietro agli agi materiali, che ancora restano soli nella loro tana di silenzi ed incomprensioni.
Ma la musica continua, con la voce di uomini e donne, che sono divenuti "Uno" nell'unione: "nel sangue dell'Eden, alla fine siamo ciò che eravamo... l'unione della donna e dell'uomo".